In questa opera troviamo ventiquattro brevi storie per raccontare ma, soprattutto, per raccontarsi. Momenti di intima analisi delle proprie esperienze e lucidi bilanci del percorso personale dell’autrice si alternano a racconti originali, profondi e, a volte, ironici. Poche righe nelle quali sono condensati i sentimenti più profondi, sincere e lucide riflessioni, ma anche non troppo velate critiche ad atteggiamenti poco condivisibili dell’epoca in cui viviamo. Solo nel racconto “Rosamarea”, diviso in capitoli, l’autrice si concede una narrazione più dilatata, trasformandolo in romanzo bonsai. Stefania Convalle ha compiuto un viaggio attraverso la sua scrittura. Un viaggio che dura da molti anni, ormai. Ecco il bisogno di ripartire, là dove tutto è cominciato. L’ideale chiusura di un cerchio che si rinnova in un nuovo e ancora più consapevole cammino. Non è un caso se Stefania Convalle ha scelto di terminare quest’opera con due brani di un’interiorità talmente profonda e intima che chiunque riuscirà a cogliere non potrà che farla sua.